Nicola D’Auria: l’intervista

Nicola D’Auria

Ottava pagina della rubrica “inCantina intervista”: ospite Nicola D’Auria, proprietario dell’azienda Dora Sarchese e presidente del Movimento Turismo del Vino

Questo ottavo appuntamento con la rubrica “inCantina intervista” ha come protagonista Nicola D’Auria, proprietario dell’azienda Dora Sarchese di Ortona (CH) e presidente del Movimento Turismo del Vino. E’ stata per noi un’occasione davvero unica per poter parlare (soprattutto) di enoturismo, ma non solo.
Preferiamo non aggiungere altro così da non rischiare di anticipare temi e argomenti che sono stati affrontati nel corso dell’intervista con Nicola D’Auria.
Buona lettura.

 

Nicola D’Auria, proprietario della Cantina Dora Sarchese di Ortona (CH) e Presidente del Movimento Turismo del Vino; a beneficio di quei pochi che non la conoscono, come presenterebbe se stesso, il suo lavoro e, più in generale, la attività che svolge?
Sono Nicola D’Auria, imprenditore appassionato del mondo vitivinicolo, guido la Cantina Dora Sarchese di Ortona (in provincia di Chieti) fondata insieme a mio padre e alla mia famiglia.
La mia attività si incentra sulla produzione di vini di qualità, rispecchiando l’autenticità e la ricchezza del territorio abruzzese, con un forte impegno nel promuovere il turismo enologico di pregio attraverso esperienze immersive e didattiche.

Qual è la strada che ha percorso per arrivare dove si trova adesso? Da dove è partito, che esperienze ha fatto, che obiettivo aveva quanto tutto è iniziato e che obiettivo ha invece oggi?
Mi sono avvicinato al mondo vitivinicolo grazie al Prof Leonardo Seghetti da sempre consulente delle nostre aziende. Mi ha trasmesso la passione per la vigna e la produzione dei vini.
Negli anni ottanta grazie all’intuito imprenditoriale di mio padre Domenico abbiamo acquistato i terreni dove oggi sorge la cantina e dedicato l’azienda al nome di mia mamma, Dora Sarchese.
Da sempre l’obbiettivo è stato quello di creare un’azienda che si dedicasse all’accoglienza e all’enoturismo, difatti nel 2006 abbiamo ulteriormente ampliato la stessa con locali adatti a tale attività.
Vorrei poter tramandare questa attività alle future generazioni ritenendo il lavoro del viticoltore una delle attività nobili.

Come gestite l’attività ricettiva dell’Azienda Dora Sarchese e come è strutturato il servizio di accoglienza dei visitatori?
A ogni visitatore viene illustrata in maniera molto dettagliata l’attività e l’esperienza che si intende offrire. Ogni esperienza è frutto di almeno tre ore di attività partendo dalla visita alla Fontana del Vino, nostra icona unica in Italia, passando poi attraverso i vigneti e concludendo la visita nella bottaia dove si effettua la sboccatura dello spumante, essendo stati noi i pionieri della spumantizzazione in Abruzzo. Questa attività rappresenta sicuramente una delle grandi emozioni che si riesce a dare al visitatore. Il tutto si conclude con la degustazione di almeno 4 tipologie di vino con abbinati prodotti della gastronomia abruzzese.

 

Dora Sarchese - Fontana del vino Dora Sarchese - Fontana del vino (dettaglio) Ogni esperienza è frutto di almeno tre ore di attività partendo dalla visita alla Fontana del Vino, nostra icona unica in Italia […]”
(Nicola D’Auria, estratto dall’intervista)

Nelle foto a sinistra: La Fontana del Vino dell’Azienda Dora Sarchese (click per ingrandire)

 

Cosa si deve aspettare chi viene a trovarvi in azienda per partecipare a una visita con degustazione o a un evento appositamente organizzato?
Chi visita la Cantina Dora Sarchese può aspettarsi un’esperienza che va oltre la semplice degustazione di vini. Oltre a scoprire i nostri prodotti, i visitatori hanno l’opportunità di immergersi nella cultura e nelle tradizioni del territorio, comprendendo il processo di vinificazione e l’importanza del legame tra il vino, la sua terra d’origine e chi lo produce.

Che significato e importanza hanno per Nicola D’Auria i concetti di “ospitalità” e “condivisione”?
Per me, “ospitalità” significa accogliere ogni visitatore come se fosse un membro della famiglia, offrendo un’esperienza autentica e personale. La “condivisione” è l’essenza del nostro approccio, non solo nel degustare insieme agli ospiti i nostri vini, ma anche delle conoscenze e della passione che animano la nostra cantina.

Grazie all’attività svolta con “inCantina”, il nostro portale, ho potuto appurare personalmente quanto l’Abruzzo sia attivo da un punto di vista enoturistico e, “guardandovi da fuori”, voi vitivinicoltori date l’idea di essere, se non proprio una squadra, quantomeno un gruppo unito che rema nella stessa direzione. E’ effettivamente così, oppure si potrebbe fare qualcosa di più e/o di diverso? Come sono i rapporti tra voi? Ci può raccontare qualcosa in merito?
Certamente, l’Abruzzo ha fatto passi da gigante nello sviluppo enoturistico, ma abbiamo ancora molta strada da percorrere. La maggioranza delle aziende per vari motivi, e non solo in Abruzzo ma in tutta l’Italia, rimane chiusa nei giorni festivi e questo è un grande limite. Dire che siamo una squadra ritengo sia una parola non tanto appropriata. Su questa cosa dobbiamo ancora lavorarci.

 

Nicola D'Auria “Per me, “ospitalità” significa accogliere ogni visitatore come se fosse un membro della famiglia […]”
(Nicola D’Auria, estratto dall’intervista)

Nelle foto a sinistra: Nicola D’Auria (click per ingrandire)

 

A fine gennaio 2023 la rivista “Wine Enthusiast” ha premiato l’Abruzzo con il titolo di “Regione Vinicola dell’Anno” e sicuramente questo riconoscimento è motivo di soddisfazione per tutti voi produttori. Le vorrei chiedere se l’attività di promozione del territorio può trarre vantaggio dalla collaborazione e dall’unione di intenti, tra i produttori che in esso lavorano e, se si, in che misura?
Sicuramente questo riconoscimento è un onore e motivo di orgoglio per tutta la nostra regione. L’attività di promozione che in questi anni stiamo facendo come Movimento Turismo del Vino Abruzzo può dare dei vantaggi di crescita importanti.

Montepulciano, vitigno e denominazione simbolo dell’Abruzzo: qual è il suo punto di vista sulla tanto dibattuta questione “dell’esclusività del nome in etichetta” che da diversi mesi sta tenendo banco?
La questione dell’esclusività del nome Montepulciano in etichetta è complessa. Personalmente, ritengo che sia fondamentale proteggere e valorizzare le nostre denominazioni, garantendo che i consumatori ricevano informazioni chiare e trasparenti e che l’identità territoriale dei nostri vini sia preservata.

In effetti non sempre le informazioni per i consumatori sono chiare: Cordisco è un termine poco noto anche tra i più preparati addetti ai lavori; Montepulciano rimanda al borgo in provincia di Siena (soprattutto per i meno esperti di vino) dove regna sovrano il sangiovese (o Prugnolo Gentile, che dir si voglia) e non tutti sanno che le più importanti denominazioni che riguardano i vini rossi delle Marche sono a base montepulciano (il vitigno)…
Le è capitato di scambiare quattro chiacchiere sull’argomento dell’esclusività del nome in etichette con qualche collega toscano e/o marchigiano?
Ritengo che il nome Montepulciano d’Abruzzo sia da tutelare e non credo si confonda con il Nobile di Montepulciano che rimanda in Toscana. Ho avuto modo di confrontarmi con i produttori delle vicine regioni: le informazioni per il consumatore devono essere chiare e la DOC deve essere tutelata. Quindi il nome Cordisco potrebbe rappresentare un valore aggiunto per chi ne fa uso.

Si sente sempre più spesso parlare di vino, viticoltura e/o enologia di qualità; concetti che vengono sottolineati come se la qualità fosse un optional, da scegliere o meno in base alle proprie possibilità, anziché un punto di partenza imprescindibile quanto sottointeso (come dovrebbe invece essere). Qual è il suo concetto di qualità, al di là degli arcinoti fattori come “riduzione delle rese”, “vendemmia manuale”, “selezione dei grappoli”, “controllo delle temperature”, “pulizia in cantina”, ecc.?
La qualità nel mondo del vino non dovrebbe mai essere considerata un optional. Per me significa un impegno costante verso l’eccellenza in ogni fase della produzione, dal rispetto del terreno e della vite fino all’attenzione per ogni dettaglio in cantina, sempre con un profondo rispetto per l’ambiente, la natura, i suoi ritmi e la biodiversità e cercare sempre di produrre vini il meno costruiti possibile.

 

Dora Sarchese - Bottaia “La maggioranza delle aziende per vari motivi […] rimane chiusa nei giorni festivi e questo è un grande limite.”
(Nicola D’Auria, estratto dall’intervista)

Nelle foto a sinistra: Dettaglio della bottaia dell’azienda Dora Sarchese (click per ingrandire)

 

Un’altra espressione che va molto di moda nell’ultimo periodo è “vini che rappresentano/raccontano il territorio”. In che modo, secondo lei, si deve operare (in vigna, in cantina, in post-produzione…) affinché una bottiglia sia davvero espressione del territorio dal quale nasce? E come si fa, secondo lei, a veicolare questo concetto fino al consumatore meno esperto ma pur sempre amante del vino?
Un vino che rappresenta il territorio è frutto di un lavoro attento e consapevole in vigna e in cantina, che rispetti le peculiarità della terra e delle varietà autoctone. Per trasmettere questo concetto al consumatore, è fondamentale la comunicazione: raccontare la storia, le tradizioni e le tecniche che rendono unico quel vino.

A tal proposito, la rivalutazione dei vitigni autoctoni meno conosciuti potrebbe giocare un ruolo importante anche se, è bene dirlo, non sempre rimettere in produzione tipologie di viti abbandonate da molto tempo ha poi un riscontro tangibile e concreto. Reputa anche lei che sia così? La sua azienda, se non sbaglio, produce un’etichetta da Cococciola in purezza, vitigno che si trova quasi esclusivamente in un piccolo areale in provincia di Chieti…
Ritengo che il recupero dei vitigni autoctoni sia importante e fondamentale per far conoscere le tipicità e le caratteristiche locali e per poter avere riscontro tangibile e concreto occorre tempo e grande lavoro ma alla fine saremo premiati. Per quanto riguarda la cococciola della mia azienda, rappresenta una unicità particolarissima ed unica. La mineralità e la sapidità di questo vino è qualcosa di stupendo che in degustazione rilascia al consumatore un’esperienza unica.

Qualche settimana fa, abbiamo avuto il piacere di intervistare Donatella Cinelli Colombini che, tra le altre cose, ci ha brevemente raccontato come nacque la giornata di “Cantine Aperte. Il 2023 ha segnato il 30° anniversario di quell’evento, una bella soddisfazione. Che ricordi ha di quel periodo, com’era la situazione all’epoca e quali sono i traguardi più grandi ottenuti in questi tre decenni?
Cantine Aperte è un’iniziativa nata dalla lungimiranza di un gruppo di vignaioli che con Donatella hanno rivoluzionato il modo di concepire l’enoturismo in Italia, avvicinando le cantine al grande pubblico. Ricordo con entusiasmo i primi anni dell’evento, che hanno segnato l’inizio di un nuovo modo di vivere il vino, più inclusivo e partecipativo.
I traguardi raggiunti? Sicuramente la crescente partecipazione delle cantine e dei visitatori, dimostrando un interesse crescente per il mondo del vino e per le storie dietro ogni bottiglia.
E poi sicuramente lo sviluppo dell’enoturismo come motore economico per molte regioni, promuovendo la scoperta di aree meno conosciute attraverso il vino.
Traguardi che riflettono la visione alla base dell’evento fin dal suo inizio: avvicinare le persone al mondo del vino in modo diretto e autentico, creando un legame più profondo tra produttori e consumatori.

Cantine Aperte 2016 Cantine Aperte è un’iniziativa nata dalla lungimiranza di un gruppo di vignaioli che con Donatella (Cinelli Colombini; N.d.R.) hanno rivoluzionato il modo di concepire l’enoturismo in Italia, avvicinando le cantine al grande pubblico
(Nicola D’Auria, estratto dall’intervista)

Nelle foto a sinistra: Un dettaglio di una vecchia edizione di Cantine Aperte (click per ingrandire)

 

Qual è lo stato attuale dell’enoturismo in Italia, in termini di diversificazione dell’offerta ma anche sotto il punto di vista della quantità e della qualità del sevizio?
L’enoturismo in Italia sta vivendo un momento di grande vitalità con un’offerta sempre più variegata e di qualità. Tuttavia c’è ancora spazio per crescere, soprattutto in termini di servizi e accoglienza, per soddisfare le aspettative di un pubblico sempre più ampio e internazionale.

Tanto è stato fatto ma sicuramente c’è ancora qualcosa, anche di importante, da fare per far sì che l’enoturismo in Italia cresca in maniera significativa in tutte le regioni. Che idea si è fatto in merito durante questo suo periodo di Presidenza del Movimento?
Questa bella ed unica esperienza è stata purtroppo segnata dal periodo pandemico e questo sicuramente non ha giovato molto soprattutto rispetto alla passione che metto in campo per le attività che svolgo. Durante il mio mandato ho potuto constatare l’importanza di un approccio coordinato e di una visione condivisa tra le varie realtà territoriali per promuovere l’enoturismo. È essenziale lavorare insieme e cogliere le opportunità che questo settore offre. Ormai Cantine Aperte è un’attività che svolgiamo quotidianamente e quindi sicuramente dobbiamo sviluppare qualcosa che faccia decollare ulteriormente l’enoturismo italiano.

Come dire: visite e degustazioni sono ormai all’ordine del giorno, si fanno ovunque; bene così… ma è ora di passare al livello successivo.
Qualche consiglio da dare ai suoi colleghi e/o agli affiliati al Movimento Turismo del Vino per diversificare e ampliare l’offerta enoturistica?
L’accoglienza va migliorata, il produttore deve formarsi sempre di più e scendere in campo direttamente per poter dare emozione a chi lo va a trovare. L’enoturista cerca sempre di più il confronto con il produttore perché va alla ricerca di esperienze e di racconti del vino che solo lui può regalare. Possiamo spaziare tra diverse attività, a partire dalle esperienze dedicate in vigna, che per noi addetti al settore possono sembrare poco significative, ma che per l’enoturista sono uniche.

 

Dora Sarchese - esperienza in vigna “[…] spaziare tra diverse attività, a partire dalle esperienze dedicate in vigna, che per noi addetti al settore possono sembrare poco significative, ma che per l’enoturista sono uniche”
(Nicola D’Auria, estratto dall’intervista)

Nelle foto a sinistra: una delle esperienze in vigna organizzate dall’azienda Dora Sarchese (click per ingrandire)

 

La Toscana è oggettivamente la regina dell’enoturismo italiano, ma ci sono altre regione che, pur non raggiungendo gli stessi livelli, ottengono importanti riscontri da parte di chi pratica il turismo del vino; mi riferisco al Veneto, al Piemonte, al Trentino, all’Alto Adige, ad alcune zone della Lombardia, a buona parte del Friuli Venezia Giulia e anche al suo Abruzzo.
Umbria, Marche, Campania, Puglia e Sicilia (soprattutto zona Etna), forse partite un po’ in ritardo, si sono comunque ben organizzate e da qualche tempo hanno iniziato a raccogliere risultati significativi. Le rimanenti (come per esempio la mia regione, il Lazio) faticano a emergere rimanendo spesso nell’anonimato, eppure avrebbero anch’esse il potenziale necessario per garantire un’offerta enoturistica interessante. Quali sono, secondo lei, i passi che queste realtà dovrebbero intraprendere per invertire la tendenza? Quale ruolo dovrebbero avere, in tal senso, gli Enti Locali, le Strade del Vino (ammesso che ce ne siano), i Consorzi di Tutela e/o le associazioni di Produttori?
Per le regioni meno note in termini di enoturismo, è cruciale investire nella promozione del territorio e nella qualità dell’offerta. Ma soprattutto devono essere i produttori stessi a credere nell’attività enoturistica e cercare di collaborare con le strutture come appunto il Movimento Turismo del Vino per cercare di fare squadra e giocare la stessa partita con la stessa casacca.
Gli enti locali, le strade del vino e le associazioni di produttori giocano un ruolo fondamentale in questo processo, collaborando nella creazione di esperienze enoturistiche autentiche e coinvolgenti.

Chiudiamo con alcune domande che solitamente ci aiutano a scoprire qualcosa sulle preferenze personali dei nostri intervistati. Al netto di quelle da lei prodotte, quali sono le tipologie di vino che più preferisce? Che bottiglie acquista e dove (enoteca, grande distribuzione, online, direttamente dal produttore…)?
Sinceramente solitamente non acquisto vini da bere a casa, questi me li regalano e approfitto per condividerli con amici e famigliari. Se capito in qualche visita in aziende fuori regione sicuramente acquisto dal produttore

Qual è il suo vitigno preferito in veste di viticoltore e quale quello in veste di “bevitore”?
Quando vado nei ristoranti mi piace molto variare e degustare varie tipologie di vini.
I miei preferiti: Amarone, Barolo, Ripasso, Gewurztraminer, Verdicchio, Cerasuolo e rosati

E in veste di produttore? Quale vitigno le dà più soddisfazione?
In veste di produttore dico che il Montepulciano è uno dei migliori vitigni al mondo e ci permette di produrre due grandissimi vini: il Montepulciano d’Abruzzo appunto e il Cerasuolo. Quest’ultimo rappresenta per me un vino che dà grande soddisfazione sia nel produrlo che nell’abbinamento ai piatti della cucina italiana.

La ringrazio tanto per la sua disponibilità e cortesia e la saluto con un’ultima domanda, di quelle un po’ antipatiche alle quali non si risponde mai con facilità: tra quelle attualmente prodotte dalla sua azienda, ci dice qual è la sua etichetta preferita e perché? Non vale indicarne più di una…
E’ come se lei mi chiedesse quale figlio o figlia preferita ho. Impossibile, ogni prodotto ha la sua caratteristica con i propri pregi e difetti come appunto i nostri figli. Le dico solo che sicuramente il vino “Lapis”, che oggi rappresenta la nostra etichetta più venduta, è quello che riesce a dare più soddisfazioni ed emozioni a partire dalla raccolta passando per la sua delicata produzione e fino ad arrivare alla degustazione.

 

Lapis - Dora Sarchese “[…] sicuramente il vino “Lapis”, che oggi rappresenta la nostra etichetta più venduta, è quello che riesce a dare più soddisfazioni ed emozioni a partire dalla raccolta passando per la sua delicata produzione e fino ad arrivare alla degustazione”.
(Nicola D’Auria, estratto dall’intervista)
Nelle foto a sinistra: Un dettaglio di una vecchia edizione di Cantine Aperte (click per ingrandire)

 

Chiudiamo questa intervista ringraziando di cuore Nicola D’Auria per il tempo dedicatoci e per averci raccontato qualcosa della sua vita, della sua realtà, del suo lavoro e del suo territorio ma anche per aver condiviso con noi alcuni aspetti ed episodi legati al suo ruolo di Presidente del Movimento Turismo del Vino.

 


 

La riproduzione, anche parziale, di questo testo è vietata.
Questa intervista è stata realizzata da inCantina che ha ricevuto l’autorizzazione a pubblicarla, esattamente così come riportata nell’articolo, direttamente da Nicola D’Auria, proprietario dell’azienda Dora Sarchese e presidente del Movimento Turismo del Vino.
Tutte le foto presenti in questo articolo sono state pubblicate su concessione di Nicola D’Auria.

 


 

Per maggiori dettagli sul lavoro svolto da Nicola D’Auria nella sua azienda e nel Movimento Turismo del vino:
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