Giovedì 1 dicembre 2022, siamo andati a trovare Tenuta la Pazzaglia a Castiglione in Teverina (VT): la recensione della visita
Tenuta La Pazzaglia ha sede nel comune di Castiglione in Teverina, in provincia di Viterbo, precisamente al civico 4 di Strada Bagnoreggio, e a tutti coloro che volessero raggiungere la struttura per una visita consigliamo caldamente l’uso di un navigatore satellitare, ancora meglio se Google Maps (che vi porterà a destinazione senza grosse difficoltà). L’ultimo km del tragitto è costituito da una strada bianca (quindi non asfaltata) ben battuta, pulita, priva di buche e sufficientemente larga. Per completezza di informazione, diciamo che il luogo si trova in una zona di confine tra Lazio e Umbria (quest’ultima dista meno di 2 km in linea d’aria), incastonato tra il lago di Bolsena, quello di Corbara e la Valle del Tevere, ed è raggiungibile prendendo lo svincolo “Attigliano” dell’autostrada A1 oppure percorrendo la Via Cassia.
L’appuntamento è stato concordato con Laura Verdecchia, prima con alcune email preliminari e poi con una breve e cordiale conversazione telefonica.
E’ stata proprio Laura a fare gli onori di casa al mio arrivo, dal momento che quella di accogliere i visitatori è una delle sue occupazioni, unitamente agli impegni di natura commerciale e amministrativa.
Come quasi sempre accade quando si visita un’azienda, il mio tour a “Tenuta la Pazzaglia” ha preso il via con una breve passeggiata tra gli spazi esterni circostanti la cantina, fino a giungere al limitar dell’area coltivata che si trova più in basso rispetto al punto di osservazione dove ci siamo fermati e dal quale, oggettivamente, si può godere di un colpo d’occhio piuttosto affascinante che spazia libero su tutto il paesaggio circostante: un totale di 37 ettari divisi tra vigne ben ordinate (10 ha), oliveti (2 ha) e boschetti.
La passeggiata, va da se, è stata accompagnata dal racconto della storia della Tenuta che per quanto concerne gli ultimi 30 anni (abbondanti) coincide con quella dei Verdecchia qui trasferitisi nel 1991, un anno dopo l’acquisto del podere (che si trovava in stato di abbandono).
Dedita da diverse generazioni alla viticultura in quel di Mentana, alle porte di Roma, la famiglia di Laura ha voluto compiere un importante cambio di vita, trasferendosi in questo angolo di natura che ha saputo farsi amare fin dal primo sguardo, dedicandosi anima e corpo a un nuovo inizio, che ha significato anni di sacrifici, lavoro, investimenti e fatica.
La gestione dell’azienda è oggi nelle mani delle due sorelle Maria Teresa e Laura, fino a qualche anno fa coadiuvate dal fratello Pierfrancesco (ora trasferitosi a Siena), che si occupano personalmente di tutte le attività più importanti: dai lavori in vigna a quelli in cantina, passando per le incombenze commerciali, amministrative e ricettive; in queste mansioni sono ovviamente coadiuvate da un enologo e da una squadra di manodopera specializzata, presente durante i periodi di maggior attività; è inoltre in essere una collaborazione con l’Università degli Studi della Tuscia (Viterbo) dalla quale giungono periodicamente ragazzi e ragazze, iscritti al corso di enologia, per compiere degli stage.
Il passaggio di testimone tra la generazione precedente e quella attuale, iniziato alla fine degli anni ‘90, è coinciso con un lento ma inesorabile percorso di cambiamento, che ha visto come punto di forza principale quello di aver puntato con decisione su un vitigno tipico della zona come il Grechetto (declinato in due varianti di cloni diversi il G109 e G5), in luogo di altri più internazionali, portando la percentuale di uve a bacca bianca presenti nei vigneti fino all’80% del totale.
Un altro tratto distintivo della filosofia produttiva di Tenuta La Pazzaglia lo si scopre nel momento in cui si visita la piccola cantina di vinificazione dove sono presenti quasi esclusivamente silos in acciaio, unica tipologia di contenitori utilizzata per tutte le fasi di lavorazione della completa gamma di vini aziendali. Fa eccezione il solo “Montijone”, un rosso che sosta nei (pochissimi) “legni piccoli” presenti in azienda, volutamente acquistati quando sono almeno al loro secondo passaggio.
Il grechetto, come accennato, è il vitigno maggiormente presente tra quelli allevati e a esso si affiancano in misura assai ridotta il Procanico, il Verdello, la Malvasia, lo Chardonnay, il Ciliegiolo, il Sangiovese, il Syrah, il Merlot, il Cabernet Sauvignon e il Franc.
La produzione annua è variabile e oscilla tra le 35000 e le 40000 bottiglie con picchi che hanno superato le 50000 unità in annate dalle condizioni particolarmente favorevoli.
Il terzo “marchio di fabbrica”, se coì vogliamo dire, risulta ben evidente quando ci si accomoda nell’accogliente sala degustazione, dotata di un lungo tavolo in legno e un grandissimo camino che assolve egregiamente al compito di rendere più caldo l’ambiente: tutte le bottiglie, disposte in fila e pronte per essere aperte, sono provviste di tappo Stelvin. Unica eccezione, anche stavolta, è rappresentata dal “Montijione”, la sola etichetta a uscire in commercio dotata della classica chiusura di sughero. Scelta molto coraggiosa, soprattutto se si considera che fu presa (non senza incontrare difficoltà e diffidenza) oltre vent’anni fa, in tempi davvero non sospetti, ma che si è rivelata essere, oltre che lungimirante, decisamente azzeccata da un punto di vista dell’affidabilità e della qualità.
A completare l’esperienza enoturistica presso Tenuta la Pazzaglia, dopo la visita ai vari ambienti e locali, giunge la degustazione dei vini, accompagnata da taglieri di affettati e formaggi e da alcune bruschette condite con l’olio EVO aziendale (da cultivar Canino, Frantoio, Moraiolo e Leccino):
– Lazio IGP “Miadimia” 2021 (Grechetto, Procanico, Verdello, Malvasia e Chardonnay); titolo alcolometrico 13%: al naso si presenta con un delicato, ma ben evidente, mix di frutta a polpa bianca e fiori dello stesso colore; in bocca risulta fresco, agrumato, con un gradevole finale di mandorla.
– Lazio IGP “109” 2021 (Grechetto); titolo alcolometrico 13%: quelle fruttate e floreali sono note appena accennate su un “pentagramma olfattivo” decisamente minerale; in bocca l’importante acidità fa bella mostra di se attraverso una buona freschezza gustativa, piuttosto verticale e di discreta persistenza.
– Lazio IGP “Poggio Triale” (Grechetto); titolo alcolometrico 14%; mini verticale delle seguenti annate:
2019: naso piuttosto ampio, con refoli eterei di smalto, frutta matura a polpa bianca, accenni di nocciola tosata e, soprattutto, una dominante minerale che ricorda la pietra focaia; in bocca si presenta fresco, equilibrato, dotato di una buona persistenza accompagnata da un accenno di tannino derivato dal processo di macerazione che hanno subito le uve;
2018: la parte minerale, se pur inequivocabilmente presente, è meno impattante e lascia il podio a un’evidente nota di tostatura che va ben oltre la nocciola di cui sopra (sembra quasi che abbia sostato in legno ma così non è); per freschezza, corpo, persistenza e presenza tannica risulta un po’ più “muscoloso” del precedente (ma non di molto);
2014: qui è la parte eterea a prendersi la scena olfattiva, con il sottofondo minerale comunque sempre presente; sorprende per la freschezza (nonostante gli 8 anni suonati) e il grande equilibrio; chiude, coerentemente, con gli ormai noti sentori di frutta secca tostata.
– Lazio IGP “Rendu” 2021 (Grechetto); titolo alcolometrico 13%: le 24 ore di macerazione sulle bucce e la totale assenza di filtrazione regalano al vino una veste dorata e limpida non propriamente comune per “un’ultima vendemmia”; coerentemente con la parte visiva, l’olfatto offre refoli di fiori gialli e dolci note mielate; in bocca la freschezza si accompagna gradevolmente con il tannino che ormai non coglie più di sorpresa; buon equilibrio e persistenza.
– Lazio IGP “Palagio” 2021 (Ciliegiolo, Sangiovese e Syrah); titolo alcolometrico 13%: giovane, fresco, ricco di frutta sia al naso che al palato (ciliegia su tutti) e con un tannino ben evidente ma non maleducato;
– Lazio IGP “Aurelius” 2021 (Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc); titolo alcolometrico 14%: in perfetto stile aziendale, emergono maggiormente le parti fruttate dei tre bordolesi, con un tannino molto presente e una grande freschezza gustativa;
– Lazio IGP “Montijone” 2017 (Merlot); titolo alcolometrico 14%: il frutto rosso del merlot è declinato nella sua versione più matura ed evoluta, non mancano tuttavia le note di spezie dolci che smascherano l’unico caso di “eccezione alla regola” (in effetti è la sola etichetta, tra tutte quelle prodotte, a sostare in legno), e un pizzico di ciliegia che non guasta affatto; in bocca rimane fresco e con l’immancabile parte tannica che trova un buon equilibrio con le componenti acide e alcoliche.
Aggiungo in chiusura una breve informazione in merito all’attività ricettiva/enoturistica di Tenuta la Pazzaglia: trattasi di una cantina aperta ai visitatori e quindi è possibile effettuare la visita e la degustazione purché si prenda accordi con Laura Verdecchia mediante telefono o email.
Contatti
Strada Bagnoregio 4
01024 Castiglione in Teverina (VT)
Cell. 348.6610038 / 340.2762340
info@tenutalapazzaglia.i
http://www.tenutalapazzaglia.it/
https://www.facebook.com/TenutaLaPazzaglia
Questa recensione della visita a Tenuta la Pazzaglia è rappresentativa della nostra esperienza e vuole semplicemente essere una fonte di informazioni oggettive, priva di considerazioni personali, con lo scopo di fornire indicazioni utili per gli enoturisti.
Lo Staff di inCantina
La pagina del nostro “Diario di (eno)Viaggio” dedicata a Tenuta la Pazzaglia
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