Venerdì 26 aprile 2024, ci siamo recati a Lanuvio (RM) per una visita alla “Cantina Il Bottino”: la nostra recensione
Ho conosciuto Federico D’Alessio della Cantina Il Bottino il 18 settembre del 2022, in occasione del “Lazio Wine Experience”, un evento che radunava presso Villa Cavalletti di Grottaferrata (RM) decine di produttori vitivinicoli della nostra regione. Ricordo vagamente che i suoi due vini, che presentava con orgoglio dietro in un piccolo banchetto di fianco a un altro giovane vignaiolo come lui (“La Valle dell’Usignolo”), destarono la mia curiosità così come mi colpirono il suo entusiasmo, la determinazione e la passione. All’epoca, ci lasciammo con l’intenzione di organizzare un incontro presso la sua sede, per parlare un po’, conoscere meglio la sua storia, i suoi prodotti e raccogliere informazioni utili alla pubblicazione di un articolo sul nostro sito. Quell’incontro, poi, non si verificò e tutte le buone intenzioni si persero (o quasi) nell’oblio del tempo.
A distanza di un anno e mezzo, inaspettatamente, Federico mi ha (ri)contattato tramite email, deciso a volerci incontrare per presentarci finalmente la sua attività. L’episodio, non lo nascondo, mi ha fatto molto piacere e dopo esserci scambiati alcuni messaggi abbiamo finalmente concretizzato le nostre intenzioni incontrandoci proprio nel luogo dove vive e al tempo stesso si occupa dei suoi vini: un angolo di campagna pochi km a sud del centro storico di Lanuvio (RM), in una stradina senza uscita che dà anche il nome alla sua Cantina (Via del Bottino).
Arrivando ci rendiamo subito conto che l’agricoltura è parte integrante della storia di famiglia (ulivi e viti fanno bella mostra in ogni dove), deduzione che viene successivamente confermata dalle parole di chi ci ospita: il terreno infatti risulta essere di proprietà da almeno quattro generazioni (forse più), successivamente frazionato tra gli eredi, a volte anche in parcelle piuttosto singolari per forma e dimensione. Federico, al momento, può disporre di tre piccoli appezzamenti vitati (per un totale di un ettaro), siti in luoghi diversi: uno proprio dove ci troviamo, a ridosso della villa dove vive, circondato da piante di olivo; un altro, una lunga e sottile striscia poco distante in linea d’aria, a cavallo della sella di un piccolo colle limitrofo; l’ultimo, il più affascinante, a pochi km di distanza, datato 1951, con piante di diversa natura ed età, alcune delle quali di oltre 70 anni (vi si trovano Malvasia di Candia, Malvasia Puntinata, Trebbiano Toscano, Trebbiano Verde, Bellone, Grechetto, Vermentino e anche una singola pianta di Moscato di Terracina). Lui li chiama i miei tre “cru”… ci può stare.
Nei due vigneti più recenti (impiantati nel 1994) sono allevate esclusivamente piante di Malvasia di Candia, Bellone e Trebbiano Toscano, con un sistema simile alla pergola veronese (che ci viene presentato come “Filare Californiano”), così da tenere la parte vegetativa e fruttifera della pianta in posizione elevata, più esposta alla luce e lontano dall’umidità del suolo. Il terreno è stato originato nel corso delle ere dall’attività del Vulcano Laziale e in effetti si possono trovare tracce di basalto, pozzolana e lapilli (anche se meno frequenti). Il sottosuolo, invece, è tufaceo.
L’areale insiste nella quasi abbandonata DOC Colli Lanuvini, della quale però Cantina Il Bottino non fa parte per alcune divergenze di vedute sul disciplinare di produzione (principalmente inerenti i vini Rossi, che prevedono un 50% minimo di Merlot a discapito di uve a bacca rosse più tipiche del territorio).
La conduzione agricola è in regime biologico non certificato.
Per le operazioni di cantina Federico si appoggia a uno storico vinificatore locale (quasi prossimo alla pensione) che dispone di spazi e attrezzature per ogni esigenza enologica e al quale paga un affitto; il progetto è quello di acquistare la struttura nel giro di pochissimi anni, così da dotare l’Azienda Il Bottino di un Cantina di proprietà.
Le etichette in produzione sono due: “Avvio” e “Mille e una vite”. Il primo nasce dalle due vigne del ’94 e vede l’apporto del Trebbiano Toscano in misura predominante con un importante saldo di Malvasia di Candia. Il secondo, invece, è figlio esclusivo del vigneto del ’51, quindi frutto di uve molto diverse, vendemmiate e vinificate però tutte nello stesso momento.
– Lazio IGT Bianco “Avvio” 2022, titolo alcolometrico 13% (9 mesi in acciaio dei quali 5-6 sulle fecce fini): si presenta con una affascinante veste oro-verde; al naso emerge prepotente una nota di frutta bianca, pera coscia su tutto, che poi scaldandosi cede (ma non del tutto) il passo a sentori di nocciola tostata e caramello; in bocca è molto fresco ma equilibrato nelle componenti alcoliche e minerali, dotato di una buona persistenza; finale lungo di agrume amaro.
– Lazio IGT Bianco “Mille e una vite” 2022, titolo alcolometrico 13% (le diverse tipologie di uve vengono vinificate tutte insieme e subiscono una macerazione sulle bucce di 48 ore): il colore è un elegantissimo oro antico che inizia a virare verso l’ambra; olfatto piuttosto ampio che riporta alla frutta gialla molto matura, albicocca disidratata, cera d’api, note eteree che richiamato il lucido per legno, un po’ di miele; al palato risulta sorprendentemente fresco, vivace, con una discreta persistenza e la presenza chiaramente percepibile (se pur in misura contenuta) del tannino estratto durante la macerazione.
Federico si diverte a sperimentare le sue idee, i suoi progetti enologici, che auspica possano vedere luce in un prossimo futuro. Ed ecco quindi che, in nostra compagnia, decide di stappare una bottiglia di un “Metodo Classico work-in-progress”, che stava riposando da 12 mesi sui propri lieviti di rifermentazione; il vino base è quello utilizzato per la produzione di “Avvio” e il tiraggio è stato effettuato con una parte prelevata da alcune piccole botti che compongono il suo personalissimo Metodo Solera (che, se la memoria non mi inganna, ha una profondità di 8 annate). Il risultato è un prodotto ancora acerbo se pur gradevole e dotato di una certa eleganza, con alcune caratteristiche riconducibili al vino base precedentemente descritto (la pera e la nocciola tostata, per esempio) e un perlage forse un po’ evanescente. E’ un esperimento, ci sarà modo di lavorarci ancora a lungo, ma le premesse non sono male.
Per completare il percorso, Federico ci ha gentilmente fatto degustare anche un po’ del suo “Metodo Solera” che, come detto, viene utilizzato per la liqueur de tirage del “Progetto Metodo Classico” e, in rari casi, imbottigliato per un regalo da fare in occasioni speciali; ne risulta un vino molto speziato (noce moscata e vaniglia, soprattutto), con note eteree e di idrocarburo e l’influenza del legno che di certo non passa inosservata.
L’esperienza presso La Cantina Il Bottino è stata molto piacevole, poiché piacevole è la compagna del suo giovane proprietario, un vulcano (è proprio il caso di dirlo, visto che ci troviamo nella zona dei Colli Albani) di idee (come quella di voler creare, prima o poi, eventi enoturistici tra i filari della vigna del 1951), dotato di grande determinazione, passione, intraprendenza ed entusiasmo.
E’ stato un felice incontro e l’intenzione, almeno da parte nostra, è quello di ripeterlo in futuro così da poter appurare lo stato di avanzamento dei vari progetti…
Contatti
Via Del Bottino 16
00040 Lanuvio (RM)
federico.dalessio91@gmail.com
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https://www.instagram.com/cantina_il_bottino/
Questa recensione della visita a Cantina Il Bottino è rappresentativa della nostra esperienza e vuole semplicemente essere una fonte di informazioni oggettive, priva di considerazioni personali, con lo scopo di fornire indicazioni utili per gli enoturisti.
Lo Staff di inCantina
Leggete la pagina del nostro “Diario di (eno)Viaggio” dedicata alla Cantina Il Bottino
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