Enoturismo nel Lazio: Cantina Le Macchie

Cantina Le Macchie enoturismo

Sabato 15 aprile 2023 – trentanovesima pagina del nostro “Diario di (eno)Viaggio”: giornata di enoturismo presso Cantina Le Macchie (RI)

Solitamente questo spazio è gestito dal caro amico Alessandro Tellini il quale puntualmente si occupa di raccontare, con il suo inconfondibile stile, le nostre visite in cantina in giro per il Lazio e non solo. Questa però è una di quelle rare, rarissime, eccezioni in cui sarò io a prendere in mano la penna (si fa per dire…) per condividere con voi le emozioni che ho vissuto durante la giornata di enoturismo trascorsa presso Cantina Le Macchie.

Sabato 15 aprile 2023
La mattinata, da un punto di vista meteorologico, non promette nulla di buono: effettivamente, almeno dalle nostre parti, è stato un aprile piuttosto piovoso e, a distanza di un mese e mezzo, è possibile affermare che la tendenza si è confermata anche per buona parte del successivo mese di maggio. Fortunatamente si è trattato di precipitazioni generalmente moderate e abbastanza regolari, che molto probabilmente porteranno giovamento alla viticultura nei prossimi mesi di gran caldo che ci aspetteranno a brevissimo; nulla a che vedere con i terribili disastri recentemente avvenuti in altre zone d’Italia, che hanno causato vere e proprie tragedie e che stringono il cuore in una morsa di tristezza al solo pensiero.
Dunque la pioggia, anche molto intensa, mi ha accompagnato per tutto il viaggio verso Rieti (frazione Castelfranco, per la precisione), non accennando mai a diminuire, neanche per un istante, nonostante i 100 km abbondanti che separano la mia abitazione dalla sede di Cantina Le Macchie: questa giornata non inizia bene, penso tra me e me, ma non sono affatto scoraggiato e, al contrario, non vedo l’ora di giungere a destinazione per iniziare questa nuova, nuovissima, esperienza di enoturismo.
Il luogo dell’appuntamento è il ristorante “La Foresta”, di proprietà di Antonio Di Carlo, titolare anche dell’Azienda Vitivinicola che mi sto apprestando a visitare. Vengo calorosamente accolto da Domenica Appolloni, con la quale avevo precedentemente definito gli ultimi dettagli dell’incontro, mi scuso per il leggero ritardo e insieme ci apprestiamo, ombrelli alla mano, a iniziare il nostro tour.
Ho perso il conto delle cantine che ho avuto la possibilità e il piacere di visitare negli ultimi anni, esperienze differenti in ogni angolo d’Italia, così come diverse sono state le regioni e, soprattutto, i paesaggi e le stagioni: in prossimità del mare o in collina, montagna (incluso il noto vulcano siciliano) o pianura, con il caldo o il freddo, in primavera, autunno, estate o inverno, con il sole, la neve, la nebbia finanche con la pioggia ma mai, fino a ora, mi era capitato di addentrarmi tra i filari in piena montagna, con un acquazzone in corso e con una temperatura di appena 4 °C!
Ben lungi dall’essere dispiaciuto, né tantomeno demoralizzato, sono al contrario felice di poter aggiungere alla lista delle mie avventure di enoturismo anche questa a Cantina Le Macchie, con il Monte Terminillo che domina il panorama, le nubi basse giù a valle che nascondono solo una parte della vista, lasciando in bella mostra le cime innevate, e una luce soffusa che ogni tanto prova temerariamente a far capolino colorando impercettibilmente la coltre grigio-argentata che caratterizza tutto il panorama circostante.
Uno spettacolo meraviglioso, per chi sa apprezzarlo.
Domenica con la sua disponibilità, cortesia e simpatia riesce subito a creare le condizioni ottimali per una gradevolissima chiacchierata, fatta di racconti e momenti di reciproco confronto, mai celando la sua passione e il suo amore per questo lavoro, questa terra e i frutti che da essa nascono. Entreremo nello specifico, fornendo tutti i dettagli necessari, nell’articolo dedicato alla recensione; qui mi basterà accennare al fatto che l’azienda è a conduzione familiare, proprio come lo sono le sue origini, e che i due principali tratti caratteristici che la rappresentano e contraddistinguono sono l’assoluto e imprescindibile legame con il territorio e la volontà di conservare e perpetrare una certa memoria storica, ergendosi orgogliosamente tra i monti come un ultimo baluardo.
Mi rendo conto che quest’ultima espressione necessita di un chiarimento che molto volentieri mi appresto a fornire a chi sta leggendo: simbolo dell’azienda è una torre stilizzata, rappresentazione di quella tuttora esistente a Castelfranco di Rieti, a pochissima distanza dalla cantina, risalente al XIV secolo e unica struttura del borgo fortificato rimasta in piedi in seguito a un terremoto avvenuto nel XVII secolo… appunto un ultimo baluardo (considerata anche, e soprattutto, la sua funzione originale di sorveglianza in quella che all’epoca era una vera e propria zona di confine). Discorso analogo si potrebbe fare per il vitigno più rappresentativo allevato sui terreni aziendali, quel Cesanese Nero che poco ha a che fare con i più noti omonimi tipici del basso Lazio (“Cesanese Comune” e “Cesanese di Affile”), che da decenni era sparito dai registri dell’ARSIAL poiché risultava completamente “dismesso”, ufficialmente non più allevato. Poi la scoperta, quasi casuale, nel terreno confinante appartenente a un anziano contadino, di una vite ultracentenaria sulla quale sono state effettuate analisi genetiche che hanno permesso, alla fine di un lungo iter, il riconoscimento ufficiale del Cesanese Nero come varietà autoctona distinta da tutte le altre, con il relativo inserimento 2017 nell’elenco nazionale dei vitigni. Ed eccolo il secondo baluardo: quella pianta, probabilmente ultima della sua specie, dalla quale sono stati ricavati i ceppi che ne hanno permesso la moltiplicazione e la diffusione su buona parte del territorio circostante. Una storia affascinante, che Domenica mi racconta con sincera partecipazione e dovizia di particolari.
La chiacchierata prosegue nella piccola ma attrezzata cantina di vinificazione, all’interno della quale non manca nulla: dalle vasche in inox alle anfore in terracotta passando per le botti in legno di varie dimensioni. Ci si sposta poi nei locali dedicati all’imbottigliamento, all’affinamento e allo stoccaggio, tappa intermedia del percorso che di lì a breve mi condurrà nei luoghi più suggestivi che hanno caratterizzato la mia esperienza di enoturismo presso Le Macchie: mi riferisco alla visita alla Cantina Storica, ricavata nei sotterranei dell’Antico Borgo di Castelfranco, e quella alla vigna che, disposta in ordinati filari, ne adorna i declivi circostanti. Qui si respira la Storia, quella vera, genuina, fatta non solo da epoche stratificate e fusesi insieme ma anche e soprattutto da uomini e donne che qui hanno sempre vissuto, lavorato, costruito e coltivato. Domenica ama queste Terre, non lo dice a parole, ma lo fa con la passione che trasmette attraverso i suoi racconti, l’enfasi nella voce, la luce degli occhi, e ascoltarla è un vero piacere, rende il tour coinvolgente, fa perdere la cognizione del tempo, sensazione quest’ultima che si accentua nel momento in cui entriamo negli antichi ambienti ora dedicati al riposo sui lieviti delle bottiglie dell’unico Metodo Classico prodotto in azienda: lo “Strappo alla Regola”. Ma non solo: qui sono conservati alcuni attrezzi, strumenti e cimeli del passato, un piccolissimo museo se vogliamo, testimonianza di quell’attività vitivinicola che da secoli si perpetra in questi luoghi, rafforzata, nel caso in cui ce ne fosse stato bisogno, da alcune antiche strutture in muratura che evidenziano chiaramente come già nel XV secolo qui ci dedicasse alla pigiatura dell’uva e alla sua fermentazione.
Usciamo di nuovo all’esterno, sempre fedelmente accompagnati dall’incessante pioggia, che tuttavia non mi impedisce di liberarmi momentaneamente dell’ombrello per scattare alcune suggestive foto dell’ambiente circostante (riportate sulla nostra pagina Instagram). Non vorrei mai approfittare della generosissima ospitalità di Domenica, anche se la tentazione è forte: aggiungere altre domande alle già tante che le ho posto, fare qualche passo in più tra i vigneti, ascoltare qualche altro interessante aneddoto… però mi contengo e lascio che il tour giunga verso la migliore delle conclusioni possibili: la degustazione dei vini aziendali. Torniamo al punto di partenza, il Ristorante La Foresta, all’interno del quale sono in svolgimento i preparativi per il pranzo. Riesco finalmente a fare la conoscenza, seppur in modo fugace, di Antonio, mente, anima e corpo della Cantina Le Macchie, instancabile e appassionato lavoratore (così mi è stato descritto), nonché chef del locale in cui ci troviamo.
La descrizione dei vini degustati si trova nell’articolo relativo alla recensione; in questa sede aggiungo solo che questo momento di conviviale piacere è stato organizzato e gestito, da chi fino a quel momento mi ha accompagnato, con le stesse cordiali e generose modalità con cui si è svolto l’intera visita.
E’ tempo di andare, è già da diverse ore che sono arrivato e non mi sembra il caso di approfittare ulteriormente della disponibilità di chi mi ha gentilmente ospitato per tutta la prima parte della giornata.
Torno sicuramente arricchito dal viaggio in questo remoto angolo (è proprio il caso di dirlo) di Lazio, così diverso dai paesaggi ai quali la mia regione mi ha abituato, felice di aver conosciuto luoghi e persone che hanno reso questa giornata di enoturismo presso Cantina Le Macchie un’esperienza fortemente significativa e soprattutto grato di aver avuto l’occasione di poterla vivere, senza ombra di dubbio.


Contatti
Cantina Le Macchie
Castelfranco Rieti
Via Casanuova, 5
02100 – Rieti
https://www.cantinalemacchie.it/
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tel. 338. 4620702
info@cantinalemacchie.it


La recensione della visita alla Cantina Le Macchie

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